IN BREVE | Abbiamo ricevuto delle immagini di due allevamenti intensivi in Lombardia che mostrano condizioni igieniche precarie, galline rinchiuse in gabbie metalliche e gravi problemi di biosicurezza — che, con l’influenza aviaria in giro, destano tantissime preoccupazioni.
Mentre i prezzi delle uova esplodono a livello globale – in alcune aree degli Stati Uniti sono arrivate a +159% – una nuova inchiesta video del team di Food for Profit mostra due allevamenti intensivi di galline ovaiole in Lombardia, la seconda regione per numero di galline, dopo il Veneto.
Dai video, ricevuti da un informatore anonimo, emergono gravi carenze di biosicurezza e condizioni igieniche precarie e un alto numero di carcasse abbandonate – tutti fattori direttamente connessi con il rischio di influenza aviaria.
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Animali che mangiano le loro feci, gabbie vecchie e carcasse lasciate a marcire
Il primo allevamento, che può contenere quasi 100.000 galline, si trova in una zona colpita in passato da focolai di aviaria. Le galline vivono in gabbie metalliche vecchie e molto piccole, faticano a muoversi e molte sono senza piume per lo stress o per lo sfregamento continuo contro le sbarre di metallo.
Le immagini mostrano feci accumulate tra le grate e galline che mangiano gli escrementi. Numerose carcasse sono lasciate nei corridoi o accanto alle gabbie, in avanzato stato di decomposizione. Dovrebbero essere rimosse immediatamente per ragioni di biosicurezza, ma restano lì per giorni, aumentando il rischio di malattie infettive.
Nel 2022, durante un focolaio, l’allevamento ha effettuato un depopolamento ricevendo un indennizzo economico pubblico. Ha inoltre ricevuto oltre 36.000 euro dai fondi del PNRR. A ottobre 2024, la zona è stata classificata come “Zona di Ulteriore Restrizione”, il livello di allerta più alto per l’influenza aviaria.
Galline che vagano all’esterno e la carcassa di una pecora
Il secondo allevamento in provincia di Lodi è ancora più grande: può ospitare fino a 300.000 galline. Le riprese con il drone mostrano galline che sono uscite dai capannoni e vagano liberamente all’esterno, in un’area dove l’aviaria è stata rilevata anche nel 2024. Una condizione ad altissimo rischio perché il contatto con la fauna selvatica è una delle principali vie di diffusione del virus.
I filmati mostrano inoltre galline che si aggirano accanto a una carcassa di pecora abbandonata, visibilmente non registrata (senza marchi auricolari), posizionata proprio nella zona filtro – quella che dovrebbe garantire il massimo dell’igiene prima dell’accesso ai capannoni.
Anche qui il numero di carcasse è altissimo, alcune in stato di decomposizione, altre cannibalizzate dalle altre galline. Le condizioni igieniche sono disastrose: scarafaggi, feci secche, struttura fatiscente, prolassi visibili su molti animali.
Una minaccia per la salute pubblica
“Tutto questo è gravissimo, sia per gli animali che vivono in queste strutture, sia per le criticità di biosicurezza – dichiara la giornalista Giulia Innocenzi. – Di fronte a un’emergenza mondiale come l’epidemia di aviaria, una situazione come questa non dovrebbe neanche esistere, perché, in un attimo, dei comportamenti scorretti anche di un solo allevatore possono avere ricadute enormi su tutta la comunità.”
Senza considerare che questo comporta un uso di soldi pubblici: i paesi europei, Italia inclusa, infatti stanziano fondi per risarcire gli allevamenti intensivi, coprendo i problemi causati dalle epidemie come l’aviaria.
“C’è bisogno che le irregolarità di allevamenti come questi vengano diffuse pubblicamente e non solo tramite le nostre inchieste – conclude Giulia Innocenzi. – Per questo abbiamo depositato una denuncia formale ai Carabinieri Forestali. Speriamo che sia il primo passo verso un cambiamento necessario.”
Usciamo con un’altra inchiesta importante, per continuare a far conoscere la realtà che intreccia soldi pubblici e allevamenti intensivi, attraverso il nostro lavoro d’inchiesta che sia libero e indipendente. Per noi è fondamentale avervi dalla nostra parte, fare in modo che voi ci facciate da megafono. Per farlo, potete iscrivervi alla nostra newsletter, e non perdervi nessuna delle nostre novità.